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Archive for the ‘Asia Centrale’ Category

di Paola Ferrario

Il termine “Dervish” significa “colui che apre le porte” e sta ad indicare, genericamente, chiunque ricerchi l’illuminazione attraverso l’esperienza della totale povertà fisica e semplicità spirituale, mentre coloro che normalmente vengono chiamati “Dervisci” dovrebbero essere denominati “Mevlevi”, dal nome del loro fondatore Mevlana Celaleddin-i Rumi, uno dei maggiori maestri sufi di ogni tempo.
Nato il 30 settembre 1207, dell’era cristiana, nella odierna Balkh, nella Transoxiana (parte dell’Asia centrale), da una famiglia di dotti teologi. Viaggiò in molti Paesi musulmani e dopo aver eseguito il pellegrinaggio obbligatorio alla Mecca, si stabilì, infine, a Konya, cuore dell’Anatolia e terra di mistici, allora parte dell’Impero di Selgiuchidi, dove nel 1231, successe al padre come professore di scienze religiose all’età di soli ventiquattro anni.
Nel 1244 Rumi incontrò il Derviscio errante Shams-i Tabriz,  un vagabondo che aveva rinunciato a tutto per seguire il sentiero dei sufi. Ne divenne subito il suo maestro spirituale capendo di essere complementare con lui, l’uno lo specchio dell’altro.
Dopo quell’incontro, Rumi cambiò completamente la propria visione del mondo: da grande teologo e sapiente divenne poeta, da predicatore divenne cuore che canta.
Dopo aver insegnato i suoi principi basati sull’amore e la fratellanza universale, per oltre quarant’anni, Rumi morì il 17 dicembre 1273 e fu sepolto in uno splendido santuario che rimase il maggior centro liturgico della corrente da lui fondata.
Secondo il suo pensiero, il centro della Fede è il precetto “Sii un amante, un amante. Scegli l’amore per essere uno degli scelti”, che sta a significare la necessità del singolo di amare Dio e gli uomini a livello tale da offrire completamente se stessi all’umanità e da diventare inesistenti in Dio, da sciogliersi in Lui cosicché egli muova ogni minima particella del fedele. Solo in questo modo quest’ultimo avrà l’intero universo al suo comando, perché ogni cosa sarà già dentro di lui, in un processo possibile per tutti, a prescindere da religione, razza o cultura.
Alla morte del maestro, i seguaci e, in particolare, suo figlio Sultan Veled Çelebi fondarono un Ordine sufi basato sulla sua predicazione a Konya, da dove si diffuse gradualmente in tutto l’Impero Ottomano e nelle comunità turche di tutto il mondo.
Già qualche anno dopo, quello Mevlevi era un Ordine ben radicato nel panorama sufi ottomano, con molti dei membri che servivano in varie posizioni ufficiali del Califfato, una diffusione notevole nel Balcani, in Siria e in Egitto e una produzione artistica, letteraria e musicale, tra più alte della storia turca.
Proprio la musica riveste ancora un ruolo fondamentale nella liturgia Mevlevi, come appare evidente soprattutto nella più conosciuta delle funzioni “Dervisce”, la cosiddetta “Cerimonia Turbinante”, in cui ogni elemento, ogni gesto è simbolo di qualcosa di spiritualmente superiore e merita di essere analizzato.
La loro storia è narrata ed analizzata in questo libro con rigore, senza tralasciare le molte suggestioni.
Alberto Fabio Ambrosio, DERVISCI, Roma, Carrocci editore, 2011, pp 190, euro 16,00.

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Non hanno avuto l’effetto auspicato i colloqui avviati a New Delhi, lunedì, tra India e Pakistan, sulle questioni del Siachin e del Kashmir. A guidare la delegazione pakistana è stato il ministro della difesa Akhtar Ali, mentre il governo indiano era rappresentato dalla controparte Pradeep Kumar.
La buona volontà tra le parti, tuttavia, è rimasta bloccata al tavolo dei negoziati. Sul fronte operativo, infatti, riportiamo la notizia diffusa dal Kashmir Times in merito all’arresto Syed Ali Shah Geelani, leader del movimento di autodeterminazione del Kashmir.

 Dal Kashmir Times del 1 giugno 2011

 Syed Ali Shah Geelani, chairman Hurriyat Conference (G), has been placed under house arrest one day ahead of his meeting with Ram Jethmalani’s Kashmir Committee.
Geelani is being placed under house arrest to prevent him from carrying forward his awareness campaign regarding the issue of arrested persons. Jethmalani committee is scheduled to meet Hurriyat (G) chairman at 3 PM immediately after its arrival from New Delhi. Talking to Kashmir Times, Geelani said he would continue to stick to his stand to hold talks with non governmental delegations and not with government appointed groups. «We still stand by our point. We will not hold talks with government appointed delegations. We will engage in talks with any non governmental delegations who wishes to talk to us», said Geelani.
Hurriyat (G) chairman stated talking to government appointed groups is useless as they carry forward government agenda. «We had forwarded our four points to Indian government but those were not accepted. It is no use talking to them», he said.
He said  his party is ready to talk to any non governmental delegation.
«We want to tell them our view point. Through non governmental delegations we want to tell the people of India what the reality is in Kashmir. The picture of Kashmir has been presented in a wrong manner which we want to clear», said Geelani.
Kashmir Committee led by Ram Jethmalani would begin their mission Kashmir-II from tomorrow, with the panel arriving here for holding dialogue with different sections of the society including separatists. The team will be here on four day visit. The committee was revived last month. Geelani and chairman Hurriyat Conference (M) Mirwaiz Umar Farooq will be holding talk with the committee.

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“We cannot accept a resolution not based on the right to self determination”, Chairman Syed Ali Shah Geelani linked from Srinagar, said this morning during the last day of the 5th Global Discourse on Kashmir organized by Kashmir Centre Eu and by All Party Group for Kaashmir in the European Parliament in Bruxelles. The main purpose of the Global Discourse on Kashmir is to encourage the informal dialogue process between the governments of India, Pakistan and representatives of Kashmiri people.
All the discussants spoke about Kashmir conflict from different point of view, and they tried to suggest some solutions. The most important thing to underline is that today in the region the dialogue is growing up, but the dispute is an human issue and International Community must Europeanize it.

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“Una soluzione che non si basi sul diritto all’autodeterminazione non è accettabile”. È quanto ha detto oggi il Presidente della Hurryat Conference Syed Ali Shah Geelani, in videoconferenza da Srinagar, a conclusione della quinta conferenza sul Kashmir organizzata dal Kashmir Centre di Bruxelles e dalla All Party Group for Kashmir al Parlamento Europeo.
Scopo dei due giorni di dibattito che hanno visto alternarsi sul palco dei relatori i principali esponenti della vita politica kashmiri, è quello di incoraggiare il dialogo informale tra India, Pakistan e la gente del Kashmir.
È stato analizzato il groviglio del Kashmir dai diversi punti di vista e si sono valutate possibili soluzioni. Ad oggi passi avanti sono stati fatti, ma è fondamentale un approccio internazionale a quello che diventa ogni giorno di più un problema umano.

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Un importante leader religioso islamico e’ rimasto ucciso oggi a Srinagar, nello Stato indiano del Jammu & Kashmir, per un attentato vicino ad una moschea che ha causato anche molti feriti. Secondo l’agenzia Pti la vittima e’ Moulvi Showkat, capo del movimento Jamaiat-e-Ahlihadees.

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La dottrina della nuova Nato partirà dall’Afghanistan. Prima però farà scalo in Europa. A margine del vertice dell’Alleanza atlantica di ieri, ospitato a Lisbona, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha detto: «L’incontro di oggi e quello di domani Ue-Usa restano fortemente legati. È da questi che dovrà ripartire l’Alleanza». Il leader della Casa Bianca ha voluto sottolineare la necessità che la Nato si trasformi da un consesso multipolare, composto da Washington e dai singoli governi degli Stati membri, a uno essenzialmente bipolare. Gli Stati Uniti preferisco confrontarsi solo con Bruxelles, in rappresentanza dell’Ue, piuttosto che con le singole cancellerie europee. È una questione di snellimento delle relazioni diplomatiche e militari. La proposta appare positiva. Per la Nato si potrebbe aprire una strada di semplicità politica e operativa. L’Unione europea stessa ne trarrebbe giovamento, sarebbe chiamata per forza di cose a definire quella politica estera e di difesa comunitarie che le mancano. Bisogna chiedersi, d’altra parte, quanto attori di un certo peso e che reclamano sempre un ruolo da protagonisti accetterebbero questa novità. Le ambizioni di Francia, Germania e Gran Bretagna – ma possiamo aggiungervi anche Italia e Spagna – spesso collidono con una politica estera Ue, che ridimensionerebbe la loro singola sovranità sul piano internazionale. Per tutto questo, bisogna aspettare in primis il vertice che si terrà oggi. Successivamente, si dovrà capire la direzione della Casa Bianca che, dopo la sconfitta delle mid term election, si avvia a preparare la campagna elettorale del 2012. Logico pensare che anche questo inciderà sull’atteggiamento di Washington.
Per quanto riguarda l’Afghanistan, il capitolo si potrebbe concludere con un “nulla da segnalare”. Se non fosse che le decisioni adottate ieri, già conosciute dall’opinione pubblica transatlantica, sono state formalizzate. E qui risiede l’importanza del vertice di Lisbona. In termini generali, è stata ufficializzata la trasformazione della sua identità. Secondo la nuova dottrina strategica, l’Alleanza passa dall’essere un soggetto statico a uno dinamico. Fondata all’inizio della guerra fredda come blocco monolitico di protezione dell’Occidente di fronte ai Paesi del Patto di Varsavia, oggi la Nato dimostra la propria disponibilità a uscire dai confini macroregionali. È intervenuta nei Balcani e soprattutto è presente in Afghanistan. Il suo raggio d’azione è diventato globale. Il suo punto di riferimento non è più interno. Le decisioni in precedenza venivano esclusivamente prese dal collegio dei Paesi membri, anch’esso basato a Bruxelles. Oggi l’Alleanza si confronta direttamente con le Nazioni Unite e organizza missioni di pace per conto di queste ultime. Resta aperto il capitolo sull’allargamento. L’intenzione di coinvolgere altri Paesi, in particolare ex satelliti dell’Unione sovietica, non è stata scartata. La realizzazione di quest’altro progetto sarebbe un’ulteriore dimostrazione che la Nato miri a essere un interlocutore a 360 gradi sullo scacchiere mondiale. Tuttavia, il silenzio sulla questione può far pensare che non si sia voluto infastidire Mosca, con cui il dialogo resta prioritario.
Nello specifico dell’Afghanistan, la Nato ha voluto ascoltare sia le pressioni di cominciare a scrivere le ultime pagine dell’esperienza afgana, sia quelle del presidente Karzai di cedergli progressivamente le responsabilità della sicurezza nazionale già dal prossimo anno e per concludersi nel 2014. Non c’è ombra di dubbio che si tratti di una scelta azzardata. Dopo quasi nove anni di guerra, l’Afghanistan è tutt’altro che pacificato e le istituzioni di Kabul dispongono di un consenso che non era mai stato così basso da dopo la caduta dei talebani. Ritirarsi ora può vorrebbe dire abbandonare il Paese alla sua guerra, creando una fotocopia della Somalia o dell’Iraq nel cuore dell’Asia. Strategicamente il pericolo non giunge solo dai talebani, ma anche dalle opportunità che si offrono alle potenze regionali – dall’Iran alla Cina, dalla Russia all’India, senza trascurare il Pakistan – di fare del Paese una loro preda. Se così fosse, il fallimento non sarebbe da attribuire solo alla Nato e all’Ue, ma anche all’Onu. È di quest’ultima la paternità della missione Isaf con la Risolizione n.1386 del Consiglio di Sicurezza, datata 20 dicembre 2001. Del resto, bisogna ammettere che, se in nove anni il problema non è stato risolto, è giusto che la Nato riveda la propria tattica sul campo e cerchi di capire il motivo di una missione di non riuscita.

Pubblicato su liberal del 20 novembre 2010

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