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Posts Tagged ‘Sarft’

La televisione cinese è come quella italiana. Salvo la libertà e il numero di tette.
In Cina ci sono tre tipi di programmi molto seguiti. Uno è il format “premio televisivo”, che di solito ha gli ascolti più alti. Per esempio c’è il Lunar New Year Gala trasmesso la notte di capodanno, visto da circa un miliardo di persone. È una vera istituzione in Cina: misto di canzoni pop, danza contemporanea e sketch di famosi comici, ha preso il posto di tutti i riti familiari tradizionali. Tiene inchiodate al video milioni di famiglie delle campagne. È seguito fra l’altro anche dai leader politici. L’unica nota piccante sono le chiacchiere sulle cantanti pop che pare siano amanti dei membri più influenti del governo. Il resto del paese può sognarsele di notte.
Il secondo format in ordine di importanza è il talk show stile Oprah Winfrey, la più importante fonte di guadagno per le emittenti. Costa poco e fa ascolti mostruosi se il presentatore riesce a far piangere in diretta gli ospiti. Ce ne sono due: uno è basato sulle interviste a celebrità, l’altro è condotto da una donna molto magra, già definita la “Oprah cinese” Yang Lan.
La sua carriera televisiva nasce nel 1990, come conduttrice di Zheng Da, varietà pubblicato sulla rete nazionale cinese. Le sue interviste diventano celebri, ed è soprattutto grazie a queste che la sua carriera prende il volo in Yang Lan Horizon (oggi noto come Yang Lan One on One), programma di attualità che la conduttrice ha creato in collaborazione col marito Bruno Wu, ricco imprenditore e business man. Personaggi di fama internazionale si susseguono di puntata in puntata, tra cui spicca l’intervista ai politici e coniugi Bill e Hillary Clinton, al politico Henry Kinssinger e l’attrice Nicole Kidman. La scarsezza di informazioni con cui viene a contatto il pubblico cinese per via delle continue censure da parte del governo attuale ha reso il programma e le interviste di Yang un modo per colmare il vuoto di conoscenza, rendendo popolari temi di attualità e creando un vero ponte tra la Cina e il resto del mondo.
In tutto questo Yang Lan ha lanciato nuovi format e programmi televisivi rivolti al pubblico femminile, si è espansa sul web, ha comprato e venduto emittenti televisive, costruendo pezzo per pezzo il suo piccolo impero. Fino a diventare oggi non solo un volto, ma anche un simbolo della Cina e delle protagoniste femminili della sua grande espansione. L’unica differenza è che pesa più o meno quanto una gamba di Oprah.
Il terzo tipo è quello del reality show. Certo c’è anche in Cina. In questi programmi le partecipanti si vestono in un modo assolutamente non comune per una cinese, mostrando più del normale.
La censura cinese insomma è molto sensibile al seno di una donna. I cinesi non hanno mai visto le nudità delle televisioni italiane. Una legge degli Anni cinquanta infatti stabilisce il limite massimo di pelle nuda che una donna può esporre in televisione: otto centimetri. Non bastano nemmeno a mostrare il décolleté.
Negli ultimi anni i produttori hanno capito che il sesso vende, ma i loro ripetuti sforzi per portare un po’ di nudità sul piccolo schermo sono falliti. Alcuni sono anche finiti in galera.
Un altro esempio di censura cinese riguarda la sospensione del popolare programma televisivo Super Girl, modellato sulla trasmissione statunitense American Idol. Il programma, prodotto dalla televisione provinciale dell’Hunan, ha spesso presentato personaggi anticonformisti, giovani che parlano lo slang delle loro città e che usano un linguaggio che, nelle parole del censore, “offendono esponenti delle vecchie generazioni”. Super Girl era già incorso nelle ire della Sarft, l’organismo addetto al controllo della tv, della radio e del cinema, nel 2007, quando era stato imposto ai produttori di non eccedere col programma la lunghezza di 90 minuti. In una nota comparsa sul suo sito web,la Sarft accusa i produttori di non aver rispettato il limite, oltrepassando regolarmente i tempi a discapito delle altre trasmissioni.
Dedicato ai giovani, Super Girl é stato acquistato da altre televisioni regionali e ha centinaia di milioni di spettatori in tutta la Cina.
E l’intervento sarà ancora più vasto. Si tratterà di una rivoluzione nei palinsesti: i programmi di intrattenimento saranno sottoposti a una rigida censura e come se non bastasse, nelle scalette da gennaio 2012, saranno inseriti non più di due programmi di intrattenimento al giorno. La ciliegina sulla torta è data dall’obbligo per le reti televisive di trasmettere nella fascia oraria 18-24 almeno due ore di telegiornale (rigorosamente controllato dal Partito) e almeno un programma che abbia l’esplicito compito di veicolare i valori della “tradizione comunista”.
Una riforma che sta suscitando malumori non solo tra i cinesi qualunque, ma anche tra i cinesi invischiati nella politica. Scrive infatti Agi China 24: Allarmi contro i pericoli di questa campagna sarebbero stati lanciati anche dai “taizi”, i discendenti dell’aristocrazia del Partito Comunista Cinese, che secondo voci non confermate si sono riuniti all’ inizio del mese per celebrare il trentacinquesimo anniversario della fine della Rivoluzione Culturale.
Vietate anche le pubblicità a sfondo sessuale o che abbiano qualche riferimento esplicito sulle televisioni e radio cinesi. Lo ha deciso la Sarft emettendo una circolare con la quale si chiede maggiore autocontrollo negli spot pubblicitari. Ma il nuovo regolamento tende a restringere sempre di più qualsiasi forma pubblicitaria nel Paese.
Secondo la circolare, nessuna pubblicità potrà essere mandata in onda tra i titoli, nel corpo o nel trailer di drammi televisivi e il divieto di recente si è esteso a tal punto che durante i programmi di 45 minuti non si potranno mandare in onda annunci.
Le emittenti dovranno esaminare tutti gli spot che hanno a che fare con farmaci, macchinari medici, attrezzi e integratori per la salute soprattutto quelli che appaiono nelle televendite. Niente promozioni anche durante le notizie e neanche camuffate da notizie, così come divieto per i giornalisti a fare pubblicità a prodotti.
Anche in rete ci sono forti censure Google, Facebook e Twitter: i web 2.0 non sono ancora una realtà in Cina, a differenza di altri Paesi.
Per sostituirli, il governo ha deciso di creare alcuni social media su misura del Partito. Ecco quindi che Facebook diventa Ren Ren, Twitter diventa Sina Weibo. Lo scopo? Concedere al popolo il vezzo della modernità e allo stesso tempo evitare grattacapi al regime.
Infatti bisogna ricordare che in Cina un miliardo e mezzo di persone sono private dei diritti politici, della libertà di espressione e della libertà religiosa.
In Cina finisce in galera chi naviga in siti internet non autorizzati e chi critica la corruzione dilagante.
Ma qualcosa è andato storto. O per meglio dire storto dal punto di vista della classe dirigente cinese e per il verso giusto per il futuro democratico del paese. I social network dagli occhi a mandorla, infatti, sono diventate piattaforme di libera discussione. La gente ha squarciato il velo della censura e conquistato l’orizzonte del web 2.0. Ovviamente questo non vale per tutta la comunità cinese di internauti, ma per una buona parte sì. In particolare quella che fa riferimenti al sito di microblogging, Sina Weibo.
Il governo cinese, dunque, ha buoni motivi per intervenire ancora più massicciamente nel mondo dei media, se vuole mantenere intatto il suo regime. Tuttavia, c’è un’altra causa in ballo: la Cina vuole vendere all’estero non solo grazie al basso costo ma anche facendo leva sul brand, come accade per le economie occidentali. Per farlo, deve rendersi appetibile e, di conseguenza, deve proporre un’immagine granitica e sicura di sé. E’ ovvio che per mostrare forza all’esterno, bisogna detenerla all’interno. Ecco il senso dei nuovi provvedimenti per limitare televisioni e social media.
Si parla spesso di questo Paese nei temi d’attualità: economia, mercato globale, superpotenza, concorrenza, sono tutti termini che si associano quotidianamente al grande impero asiatico. Paese che ha fatto passi da gigante in ogni settore produttivo, che ha avuto uno sviluppo economico dalla rapidità sconvolgente, che è, oggigiorno, la seconda superpotenza mondiale, destinata a diventare la prima surclassando gli Stati Uniti.
Eppure ancora così lontano da una piena democrazia.

 

 

 

 

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